giovedì 20 dicembre 2012

Porpora sulle mie dita

I miei occhi gelidi e il mio dolore accucciato dietro le palpebre. Le mie dita anchilosate dal freddo. I piedi scalzi mi portano a camminare avanti e indietro sulla corsia rossa. Quasi cercassi di scavare un solco con le mie orme. Un corridoio di passi. Nessun pensiero. Rabbia e silenzio. In tutto questo vuoto primordiale che mi avvolge e mi soffoca. Sei stato la mia bambola. Ed io il tuo automa. La mia bambola di carne, dalla pelle diafana, dalle mani morbide. La mia bambola con i polsi sottili. Polsi che avrei stretto. Quei polsi che lasciavano intravedere le vene pulsanti. Li avrei legati con corde doppie, finchè le tue vene non avessero smesso di pulsare, finchè dalla tua bocca non fossero usciti che fiotti di sangue scuro. Avrei stretto le mie mani attorno alla tua gola. Avrei voluto vedere la vita sfuggirti dalle membra. L'energia svanire dal petto. Che bella la mia bambola immobile! Un ticchettio mi ricorda che devo camminare ancora molto. L'orologio cardiaco mi dice che è tempo di correre. Guardo fuori dalla finestra. I rovi e i cespugli hanno sepolto la casa. I rami, come tentacoli di un mostro marino, hanno rotto i vetri e si sono impossessati di tutte le nostre cose. Delle tue rose bianche e della mia meccanica sbagliata. Del nostro vuoto colmo di tacite promesse. Delle nostre colpe, dei nostri vizi e delle nostre tentazioni. Nessuno saprà mai... Nessuno lo capirà. Quanto siamo stati infelici e distanti. I miei rimpianti mi lasciano insonne mentre accarezzo le tue ferite mai rimarginate. Chi sei tu oh mostro senza occhi? Che vuoi tu famelico essere senza cuore? Ho rinunciato alla mia salvezza per le tue azioni impunite. Continuo a camminare sulla lingua di tessuto. La striscia si restringe sempre di più. Poggio solo le punte, in equilibrio precario. Le pareti si avvicinano ancora di più. Sono nella scatola cinese che tu hai costruito per me. Sono in quel corridoio infinito, senza porte ne finestre. Nessun bagliore, ne un rumore. Solo un sordo tamburellare. Tu-tum, tu-tum. Un piede davanti all'altro, tenendo per mano il mio odio. Ti sentivo ringhiare come una belva e assaporavo l'avidità delle tue parole artefatte. La marea che montava dietro le tue spalle. Tu-tum, tu-tum... La mia meccanica ha avuto un attimo di sospensione. In controtempo, salta gli accordi giusti. Ho graffiato le pareti, la pelle delle mie dita si sfalda come i petali di un fiore marcio. Tu... tum. Ho perso un battito, quello che ora è nel tuo stomaco. Ho smarrito la pulsazione perfetta mentre guardavo i tuoi polsi stretti. Il bianco latte della tua pelle di bambola fa correre le mie battute sempre più irregolari. Sei il frutto proibito di tutte le mie fantasie. Sei la mia fuga da tutto ciò che è reale. Sei il mio veleno salvifico. Ho spento le luci. Ho tirato le tende e tolto i fiori appassiti dai vasi. Ho aspettato di sentire la tua flebile presenza. Ti ho cercato nello specchio alle mie spalle, nella penombra di quel mattino di nubi. Ma tu non eri più in quella stanza. C'era solo l'impronta ferma del tuo piede, le tue parole e i tuoi battiti. Ricordo ancora il tuo incedere insicuro e il tremore dietro le mie ginocchia. Eri qui e in tutti i miei luoghi. Tu-tum, tu-tum ancora... Un ritmo incalzante e ossessivo. Cammino e fisso i miei piedi scalzi. Come si fà a stare dall'altra parte del vetro e lasciare le mie mani lì su di te? Ricordi quando il cielo non era una minaccia per noi? Quando il tuo cuore batteva, correva, spingeva come un pugno nel mio stomaco? Quando attraversavi la mia pelle e le mie ossa come un'onda, quando mi vedevi donna... Tu-tum... Devo correre ancora. Ora che il corridoio sta terminando ti vedo al di là della striscia di luce. Al di là del nostro amore, oltre tutte le cose che ti tenevano legato a me con quel filo rosso che mi stringe ancora il fianco sinistro. Ti ho visto. Solo per un attimo. Ti ho visto nella cornice di luce dorata. Tu-tum, tu-tum, tu-tum, devo correre. Eri la mia crudele realtà. Eri la mia bambola. Io lo stupido automa di latta. I tuoi polsi erano legati al mio cuore. Non posso muovermi. Sei sul tetto di quella casa abbandonata. Se tu salti... Io muoio, perchè il nastro mi staccherà di netto il cuore dal petto. Non saltare. Chiudi gli occhi e sentimi. Libererò i tuoi polsi. Tu-tum, tu-tum, tu-tum... Resta con me!

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