domenica 20 ottobre 2013

Con il favore della notte

Eravamo lì, in silenzio e fermi come l'ultima volta, come tutte le altre volte. Mi fissavi attraverso quel velo di lacrime e io non sapevo dire nulla. Disorientati e sconfitti, come due stupidi guerrieri che combattono contro i fantasmi. Mi ero ripromessa di dire qualcosa, se fosse accaduto di nuovo, mi ero preparata delle parole, avevo fatto le prove allo specchio, cambiando espressione per essere più convincente. Era accaduto ancora e io ancora una volta non sapevo dire nulla. Volevo toccarti, ma temevo le tue reazioni con terrore. La mia paura era sempre acquattata lì sul fondale del mio stomaco, restava muta per 4 giorni la settimana, poi ti vedevo e le acque iniziavano ad agitarsi. Ogni volta non sapevo se sarebbe stata una tempesta o una fine pioggerellina estiva. Scatenavi tempeste atroci senza volerlo. Sapevo che non controllavi questi strani elementi, ma era sempre un'incognita per me, un salto nel vuoto e non sapevo come difendermi. Il luogo era lo stesso di sempre, il taglio di luce che disegnava uno strano triangolo irregolare e il fumo di troppe sigarette. Piangevi, in silenzio, di un altro amore? Un amore perduto e lontano. Un pugno fortissimo dritto al centro del mio diaframma. Una raffica violenta in pieno viso. Fitte acutissime alle tempie, che non mi facevano ragionare, che azzeravano i miei pensieri. Era il mio giorno del giudizio. Tutte le volte. La mia piccola, personale apocalisse. Che strana creatura. Ti avevo cercato in un deserto senza tempo, fra le dune di sabbia, sotto un cielo rovente. Ti avevo trovato e ora restavi in quello spazio ristretto, in silenzio, come le altre volte. Mi fissavi e io non sapevo come muovermi. Perdevo l'equilibrio. Il tempo avrebbe calmato la tempesta? Il tempo mi avrebbe dato tutte quelle risposte? Eri stremato, tremante e inquieto. I capelli ti ricadevano sugli occhi e non facevi altro che fissarmi attraverso quella oscura cortina. Provai a toccare le tue mani, con il favore della notte forse non te ne saresti neanche accorto. Non avresti percepito nulla. Non avresti detto nulla. Eri vittima della tua stessa tempesta. Allungai una mano verso di te, continuavi a tenere gli occhi fissi nei miei. Trovai le tue mani fredde, un brivido attraversò tutto il mio corpo e mi fermai. Sorridevi. Uno strano sorriso. Una creatura strana davvero. Strana come le notti che passavamo insieme, quelle lunghe notti fatte di pioggia e silenzi. La notte continuava a concedere favori, fermava il tempo, ci isolava da tutti, ci faceva sentire l'odore del mare. Una notte sempre troppo generosa. I profumi cambiavano e i rumori si attenuavano, ogni cosa veniva sommersa da una strana sonnolenza simile ad un torpore da sortilegio. Cristallizzava tutti i nostri incontri in un tempo indefinito e lento. E tutte le volte il cuore prende il sopravvento. Che ci succede ogni volta? Tu lo sai? Ti prego dimmelo, io ho bisogno del tuo aiuto. Da sola non sono così forte. Da sola ripiombo nel buio, nel gorgo mortifero che mi toglie il respiro. Parlami, prova. Siamo ancora in quella stanza, in silenzio e distanti. Non voglio più combattere, voglio solo sentire la tua voce. Ho percepito i battiti altalenanti del tuo cuore in tumulto. Il mostro muove la coda, si agita e sospira annoiato e triste. Quel mostro che non ti da pace. Quel mostro che ogni volta cancella il tuo sorriso. Non so come affrontarlo. E' un'idra minacciosa e letale. Non so come abbracciarti senza farti scappare. Vorrei stringerti ancora una volta, insinuarmi tra la spalla e il collo, ma non so come fare... Non ho le giuste armi. Ho solo il favore di questa lunga, lunghissima notte.