mercoledì 23 maggio 2012

La mia morte


Preso un lavoro e perso una donna
Andò sul canale a cercare la luna
Ma trovò nell'acqua salmastra l'altra sua faccia, solo più scura
E fece finta di non avere mai avuto paura
Fece finta di non avere mai amato nessuna
Andò al bar del cielo vuoto
Da bere costa poco
Lo paghi doppiamente solo il giorno dopo
Ordinò tre bicchieri pieni di ghiaccio e uno di perdono
E prese a costeggiare la via del superuomo
La mattina i colleghi dell'ufficio "Stomaco e conchiglie"
Lo trovavano pieno di rispetto
Sogno delle mogli, perfetto per le figlie
Prefetto, prefetto
La notizia del decesso arrivò nel pomeriggio
Nel vuoto giallo di un nuovo chiacchiericcio
Gli impiegati del partito andavano alla schiera
Con le gobbe ripiegate nella giusta maniera
La sua bara fu un leggio di frassino e betulla
E un discorso che diceva tutto e non diceva nulla
E davanti alle domande di una giornalista bella e bruna
Fece finta di non avere mai avuto paura
Fece finta di non avere mai amato nessuna
Il giorno seguente si presentò al lavoro
Con gli occhi vuoti e il raffreddore
Ed era deceduto solo da poco
Appena da dieci o dodici ore
Ma i segni della morte erano evidenti
E aveva biglietti della lotteria al posto dei denti
Fichi d'india al posto delle orecchie
Bacchette al posto delle mani
E al posto dei cani un branco inamidato di esseri umani

E quando gli dissero che l'economia era malata
E che la fame era la migliore cura
Fece finta di non avere mai avuto paura
Fece finta di non avere mai amato nessuna

Una settimana appena dopo il suo funerale
Aveva la testa rigirata sulla schiena
Ma trovò il modo di rimediare
Chiamò il generale Panciapiena
E ordinò i più feroci bombardamenti su tutti i suoi sogni passati
In difesa del popolo e dei giorni seguenti

A un anno dalla morte si vedevano solo le ossa
Era sparito tutto, persino la puzza
E guardava dall'alto della sua fossa la gente che manifestava nella piazza
E scorse fra la folla la sua amata
Con le lacrime in tempesta sopra il viso
E quando vide che veniva calpestata
Non si scompose, ma abbozzò un sorriso
E fece finta di non avere mai avuto paura
Fece finta di non avere mai amato
Di non avere mai amato nessuna

Amore mio come farò
Quest'inverno che t'ha gelato il sangue ti lusinga
Amore mio ti seppellirò
Questa notte che m'ha coperto il volto ti contenta

Thanx

Non si può capire il vuoto di un cuore infranto.
Non potrai mai comprendere...
Ho tagliato i miei capelli così ho perso tutti gli stupidi pensieri che mi facevano solo male.
Ho tagliato i miei polsi così è andato via tutto il veleno.
I capelli sono ricresciuti e i pensieri sono ritornati.
Ho ricucito le vene, ma il veleno l'ho ingerito un'altra volta.
Ho continuato a sentire freddo e a perdere il sonno.
Grazie.
Grazie mille, per tutto il male che mi hai fatto!
Non potevi fare più di così.

martedì 22 maggio 2012

La clessidra


Ho paura del tempo che passa.
Di non riuscire a fare tutto in tempo.
Di non aver dato importanza alle cose giuste e di averne perso dietro quelle inutili.
Ho paura di non riuscire ad accettare le sconfitte.
Ho paura di aver perso l'amore.
Ho paura d'invecchiare, che il mio cane non è più un cucciolo e che sono diventata madre dei miei genitori.
Ho paura di aver calpestato la terra sbagliata.
Ho paura della paura stessa.
Mi spaventano i corvi sopra le torri.
Mi spaventa non aver dato abbastanza amore.
Ho paura di non averne ricevuto abbastanza.
Ho paura di farmi avvolgere dal buio della notte.
Delle onde che la notte riportano sulla mia spiaggia i detriti del passato.
Ho paura dei miei perdoni mancati
Delle parole perdute, dell'odio inutile, delle lacrime trattenute.
Invidio coloro che non avvertono il tempo che passa.
Mi manca quel tempo in cui riesci a colorare tutto di bello.
Invidio i bambini che aspettano ancora il regalo di natale.
Tremo davanti alle lancette dell'orologio.
Detesto la sabbia della clessidra.
Non potrò mai nuotare in un mare di sabbia.
Prima o poi mi sommergerà.
Ho paura di non vedere più l'orizzonte, ma solo sabbia bianca.
Fingo di non aver mai avuto paura...
Ho paura di non ricordare più i miei desideri.
Ho paura di non riuscire più a realizzare i miei sogni.
Ho paura dei figli che non avrò mai.
Ho paura di non ricordare più i volti e le parole.
Vorrei distruggere la clessidra nel mio cervello.
Interrompere il flusso dei giorni e delle ore.
Ho paura della tempesta che è dentro di me.
Ho paura di non aver più paura di niente.
Fingo di non aver mai amato nessuno...
Ho paura di credere al mare nero.
Ho paura del deserto che reclama la sua vittima.
Ho paura delle illusioni e della realtà.
Ho paura dell'amore che è andato via per sempre.
Ho paura del tuo folle amore.

Broken hearts


Tu con la faccia dura e senza sogni
sulla mia pelle sai lasciare i segni,
sulle ferite poi ci metti il sale
io non capisco questo strano amore,
ma dovrei fare esattamente come
fa un cane buono con il suo padrone,
contro di te che sai tenere banco,
coprire con gli stracci un cuore stanco.
Più di così
non so più cosa dare
più di così
che cosa fa più male,
perderti adesso e non vederti più,
ricominciare come lo vuoi tu,
più di così
mi chiedi e mi pretendi,
più di così
mi stringi e poi mi stendi,
e a denti stretti io ti dico sì
perchè ti amo.
Perchè non trovo mai una via di uscita
perchè mi dico sempre che è finita,
e poi mi trovo chiusa in un bicchiere,
dove tu puoi tranquillamente bere.
Più di così
che cosa vuoi che faccia
più di così
non apro le mie braccia
ma dove vuoi che vada senza te
tutto daccapo e il resto va da sé
più di così,
mi chiedi e mi pretendi
più di così
mi stringi e poi mi stendi,
e a denti stretti io ti dico di sì
perché ti amo.

domenica 20 maggio 2012

Love sucks


Amare è solo un fregatura. In tutti i sensi e in ogni sua forma.
E' come essere invalidi e non avere il posto riservato. E' come il male che ti scava dentro peggio di un cancro allo stadio terminale. E' la malattia senza eutanasia, ma senza la possibilità di guarigione, senza la morte. Alla fine di tutto non c'è nessun premio. Ne salvezza, ne dannazione, solo un limbo infinito.
E' l'attesa senza fine. E' come morire pur continuando a respirare. Ma se allora non vinciamo nulla e non possiamo neanche staccare i fili del nostro polmone artificiale, perchè ci buttiamo in questa avventura ogni volta? E dopo una serie di esperienze negative dovremmo essere in grado di riconoscere tutti quegli esemplari sentimentalmente indisponibili. Maniaci sentimentali, repressi, immaturi, vampiri e tutta la fiera di mostri da circo. Dovrebbero farne un corso universitario o dovrebbero girare con un marchio tatuato sulla fronte. Una sorta di "X" catarifrangente così da evitare alla povera vittima di turno di cadere nella trappola sentimentale. Ma forse neanche così riusciremo a comprenderli pienamente.
Tesi universitaria sulla faccia di cazzo del tipo di turno, quando tenta di inventare l'ennesima bugia a nostro discapito. Sguardo perso nel vuoto, braccia che mulinano nell'aria (per avvalorare la sua versione di comodo), sorriso compassionevole tipo cane abbandonato (non lo è, perciò è possibile aprire la portiera sulla NA-BA e dargli un calcio nel sedere). Molto poco credibile, ma noi ascolteremo mai quella vocina che ci suggerisce di dargli una vangata sulle gengive? Sarebbe bellissimo se come nei cartoni animati, avessimo l'opportunità di tirare fuori dalle nostre tasche qualsiasi cosa: una bomba, una mazza chiodata, nastro adesivo e manette, ecc...Oppure se avessimo un pulsante a disposizione e se premendolo avessimo l'opportunità di far sparire il mentecatto all'istante. Non solo faremmo raccolta differenziata, ma non verremmo neanche puniti dalla legge, in quanto accettato come legittima difesa. Premi il pulsante rosso in caso di pazzo sentimentale nei paraggi. Sarebbe davvero stupendo! Fra i tanti esemplari da evitare, il più pericoloso di tutti è il vampiro. Il nome ci suggerisce un gentiluomo dell'800, alto, affascinante e pallido, con canini in bella mostra e modi da nobile decaduto. Non è così a parte il "decaduto"! Di sicuro non è Gary Oldman.
Il vampiro è colui che non si nutre di sangue, ma ti risucchia l'anima (come i dissennatori di Harry Potter), i soldi, la libertà, il pensiero e forse anche la spesa e l'argenteria (in alcuni casi è probabile che sia pericolosamente al verde). Individuarlo non è semplice, ma non impossibile. Dalla loro aura di bel tenebroso, dai modi gentili, ma non troppo. Sono quelli che fanno un passo avanti e due indietro. Quelli che concedono come se stessero facendo un favore all'umanità. Hanno sempre un miliardo di impegni e quasi tutti improrogabili, come fermare l'asteroide che sta per colpire la terra. Mettere fine alla fame nel mondo. Combattere per i diritti dei poveri e contro la pena di morte, ma soprattutto rispondere ai bisogni impellenti del loro organo di riproduzione. Non importa se confesserà di amarvi alla follia, non è vero. Non credetegli! Non cedete mai! E' probabile che ami qualcosa o qualcuno, ma di sicuro non voi. Ama il vostro essere sempre disponibile. Ama il vostro giustificare ogni sua mancanza. Anche quando lo troverete a letto con un altra lui saprà come farvi credere che stava solo effettuando un corso di primo soccorso. E voi crederete. Penserete che in fondo siete voi ad essere sempre malpensanti. Basta! E' ora di smetterla. E' ora di ammazzare questi vampiri e di farli scappare. E' bugiardo, saccente, pieno di sè, codardo e voltagabbana. Sarebbe capace di vendersi la madre se ne avesse la possibilità o se ne avesse una di madre. Potrebbe tirare fuori dal suo cilindro infiniti conigli pur di tenervi legate, pur di farvi cedere. E' solo un bravo illusionista. E un giorno non molto lontano vi lascerà nel peggiore dei modi: con un sms. con una triste mail. E voi vi ritroverete a rimettere insieme i cocci del vostro cuore infranto. Ma c'è un modo per evitare la catastrofe. Paletto di frassino e spada.
E' facile. Basta seguire il manuale. Conficcare il paletto nel cuore del bastardo con forza. Non pensate vi servirà tutta la forza delle vostre braccia. Lo schifoso di sicuro aprirà gli occhi, ma non temete. Afferrate la spada e come il mitico boia di Calais sferrate il colpo micidiale con quanta forza avete in corpo. Recidetegli di netto la testa. Infine prendete un pò di benzina e date fuoco ai resti. Andate in cucina e fatevi un bel caffè rigenerante. Quando avrete tempo pulite tutto e trovatevi un bell'amante ricco e prestante.
Per tutto il resto non ci sarà mastercard ma gli amici di sicuro si.

venerdì 18 maggio 2012

Campanellini


Campanellini in lontananza.
Per la valle, fra i rivoli d'acqua, nelle tue mani.
La donna è mutevole come l'acqua, dicono, ma è mutevole come lo sono i tempi.
In tempi di fughe e bugie, resto ancorata a parole e gesti.
A quei momenti eterni dell'infanzia che sono sempre nella mia memoria.
A tutti i sorrisi che sono riuscita a rubare.
A tutti gli abbracci che ho regalato.
Siamo si mutevoli, ma il nostro cuore è fermo.
In quella stanza grigio cenere, tra lenzuola di lavanda, sotto un cielo di stelle.
Nelle luci della notte che disegnano ombre sulle pareti, in quella voce che riecheggia nell'aria fredda.
Come le tue mani che non dormono mai.
Come i tuoi disegni fatti nella polvere.
Come una preghiera che è stata ascoltata da un Dio spesso distratto.
Come una notte che non conosce fine.
Come la mia forza.
Come il tuo gridare attraverso il suono.
Come le distanze che abbiamo saputo colmare.
I ritorni e le partenza.
L'amore e l'odio.
Tutta muta, anche tu.
Ti sei trasformato in qualcosa di umano.
Hai perso i poteri come una fragile divinità.
Ancora quei campanellini in lontananza.
Sembrano voci sottili di fanciulli già grandi.
Continuiamo a mutare.
Anche adesso che siamo immobili.

martedì 15 maggio 2012

The dragon liar


Il drago è uscito dalla mia testa, insieme alle mie grida.
Aveva occhi iniettati di sangue e con arrogante decisione ha puntato la sua preda.
Con uno scatto ha mosso la coda di serpente e ha artigliato la roccia.
Il drago è l'uomo qualunquista ed egoista che approfitta della preda di turno.
Nei rapporti sociali, in una realtà permeata di falsità possiamo fidarci del nostro prossimo?
Mai. In nessun caso.
Non avrebbe senso crescere un cucciolo di drago nella propria dimora come se fosse un gatto, perchè un giorno, questo risponderà alla sua vera natura e ci friggerà. Letteralmente. Non si può addomesticarlo e tentare di fargli dimenticare di avere una fornace al posto dello stomaco e una pietra al posto del cuore.
Come una lieta gravidanza, culleremo il suo uovo nel tepore del nostro amore. Lo chiuderemo nel palmo della mano come se fosse un gioiello raro e non ci renderemo conto che in realtà è solo un mostro.
Un terribile mostro oscuro e carnivoro. L'uovo si schiuderà e quel piccolo mostro schifoso incendierà il nostro naso, ma noi saremo lì pronte a perdonarlo, perchè in fondo è ancora solo un cucciolo. Poi crescerà e inizieranno i primi litigi, i primi tira e molla sulle sane abitudini alimentari del piccolo viscido drago egoista. Ma noi troveremo sempre una giustificazione per tutto, anche quando ci avrà distrutto tutti i mobili, incendiato tende e cuscini e divelto le tavole del parquet (pagato con il sudore della nostra fronte).
Quando sedute sul divano in piena notte, stile gufo appollaiato sul trespolo, aspetteremo che rientri dalle sue uscite notturne, lui ritornerà e brucerà le poche cose rimaste, noi da brave vittime, cosa faremo?
L'unica cosa incomprensibile: lo perdoneremo per l'ennesima volta.
Faremo un cumulo delle ultime ceneri e ceneremo sopra di esse.
Quando finalmente il drago sarà adulto e dei nostri averi non ne sarà rimasto che un piccolo mucchietto di ossa e fuliggine, allora e solo in quel momento riusciremo finalmente ad aprire gli occhi.
Sarebbe stato meglio distruggere l'uovo o farci una bella frittata. Se non altro avremmo riempito il nostro povero stomaco. Il drago per sua natura tenta di mangiarci ogni volta che abbassiamo la testa, ogni volta che perdiamo il controllo, ogni volta che ci fidiamo. E tutte le volte che ci sorriderà tra una spira di fumo e l'altra, noi, affascinate ci faremo avvolgere dal fuoco.
Del resto è risaputo che le prede sono attratte dai loro predatori.
Il drago dovremmo ammazzarlo, schiacciarlo, annientarlo nel suo involucro, quando ancora non è così forte, quando è ancora chiuso nel suo guscio assopito. Dovremmo annegarlo nel suo livido amniotico. Strangolarlo con le nostre stesse mani. Non è un cucciolo, non lo è mai stato. Abbiamo allevato un mostro, un orrendo scherzo della natura senza cuore. Il drago non ha sentimenti neanche per sua madre, non troveremo mai bontà nei suoi occhi gialli e liquidi. Nei suoi artigli non potremo mai trovare mani carezzevoli.
Solo fuoco e crudeltà.
Meglio allora arrostirlo sulla graticola dell'indifferenza.
Meglio farlo a pezzi e farne spiedini con il rosmarino.
E se il rosmarino rappresenta la memoria, ad ogni boccone riusciremo a ricordare solo i disastri che ha creato nella nostra vita e non le volte che ci ha guardate con una parvenza di dolcezza.
I suoi occhi di mostro saranno solo un triste ricordo.
Potremmo aprire un ristorante e servire carne di drago fresca.
Tutti i pezzi del maledetto bugiardo impanati e fritti, arrostiti, bolliti, tritati, tagliati a dadini, ecc...
Anche perchè in qualche modo dovremmo pur riscattarci.
E per traformare le nostre perdite in guadagni sarà meglio farlo vivisezionando il mostro per venderlo ai nostri migliori clienti.

Menù del giorno:

Antipasto di drago all'insalata
Pennette con scaglie di drago
Fegato di drago avvelenato
Aspic di drago bollito
Macedonia di drago con panna
Caffè (quello vero)

lunedì 14 maggio 2012

Musica per pochi eletti ... Fortunatamente!


Il diluvio impazza e un'ondata mi colpisce in pieno viso.
Purtroppo non è l'ondata di Samuel, ma una peggiore. Il grande ego! Non il mio.
Quello che ci fa perdere di vista l'umiltà e la giusta autocritica.
Oggi vivisezionerò un animale molto molto particolare,
purtroppo non del tutto in via d'estinzione: il musicista.
Da vari dettagli possiamo individuare questo esempio di non-morto vivente. Dal tipo di abbigliamento per esempio, se porta la sciarpa è molto probabile che sia un cantante; dal tipo di mezzo, se usa la moto potrebbe essere un chitarrista o un bassista e via dicendo. O dalle occhiaie che scendono fin giù alle caviglie.
Spesso saccenti e pieni di se in alcuni casi pensano di essere i nuovi Plant o Freddy o Jim e non si rendono conto di essere solo tristi menestrelli che accostano varie note su un pentagramma sgranato (questo strumento sconosciuto).
Vivono in un mondo tutto loro e comprensibile solo ai loro stessi simili. Sono capaci di dimenticare le cose più importanti, anche quelle fisiologiche come mangiare o dormire, nei casi estremi non accorgersi del morto in casa se non dal puzzo della decomposizione e dalle onoranze funebri che hanno fatto saltare il citofono a suon di martellate.
Possono essere in grado di fare acrobazie, degni della migliore Moira Orfei, nella stanza in completo sfacelo solo alla ricerca del plettro giusto. Sanno cambiare la corda ad un chitarra in equilibrio precario su un piede solo e con una sola mano, ma non sono capaci di usare il cellulare. Mi rendo conto che in alcuni casi digitare i tasti di un cellulare può essere davvero difficoltoso quanto disinnescare una bomba posizionata nella scuola materna nel giro di 3 secondi netti. Sanno trovare il giusto accordo e non sanno accendere il gas o peggio, hanno dimenticato come si usa il sapone. Eppure io sono convinta che abbiano avuto a modo loro una famiglia degna di questo nome. Ma nessuno ha insegnato loro le norme basilari dell'igiene, ma giusto per evitare la peste (ormai debellata da tempo)?
Radical-chic che ormai hanno perso lo chic per strada. No-global che non si alzano dal pavimento a meno che non stia arrivando un'inondazione da cataclisma.
Ognuno di loro ha una funzione e un posto preciso nel disegno globale. Il frontman davanti con manie di onnipotenza degne di narciso in persona. Il chitarrista che non vede l'ora di sviscerare il suo assolo micidiale, intanto ha dimenticato tutto il resto. Il bassista che avendo pure un certo fascino è sempre in un angolo ad ascoltarsi nell'amplificatore. Il tastierista che io immagino sempre con i capelli lunghi color lilla alla Satomi e che sa muovere solo il culo. Infine il batterista. Questo esemplare atipico è quello che mi ha sempre affascinata più di tutti. In fondo, nascosto, isolato da tutti con le cuffie, polsiere, magari capelli lunghissimi e bacchette pronte. La batteria mi fà pensare molto alla preistoria, a qualcosa di atavico, qualcosa di primordiale, selvaggio e naturale. Infatti i batteristi sono proprio così. Ti ritrovi in un lungo monologo quando ti accorgi che stai parlando da circa mezz'ora e quello non ha colto nulla, perchè continua a picchiettare le mani sulle cosce come se fossero piatti, alla ricerca del tempo giusto. Essendo anche uno strumento molto fisico, richiede una notevole resistenza. Infatti la maggior parte di loro non vede l'ora di sfoderare il petto scolpito per poter conquistare la ragazzetta di turno che sbava sotto il palco.
Non sono solo strani, sono alieni che vivono fuori dal nostro sistema solare. Non vedono nè numeri nè parole, vedono solo note. Ma spesso alcuni di questi magnifici esemplari non sanno neanche cosa sia un pentagramma, ne un fa diesis, ne leggere la musica. Allora mi chiedo se, miei cari mostri musicanti vi siete votati a questa nobile arte, perchè non approfondirla sotto tutti gli aspetti? In modo da evitare spiacevoli equivoci nel momento in cui vi renderete conto che per registrare il vostro mitico pezzo alla siae, dovrete presentare spartito corredato di quei mistici geroglifici che noi tutti chiamiamo note.
Meglio sguazzare nell'assordante frastuono che cercare di migliorarci.
Il loro ego poi,  potrebbe riempire il grand canyon e non basterebbe, se fosse pane potrebbe risolvere il problema della fame nel mondo e forse tappare anche il buco nell'ozono. Non sia mai che il vostro parere sul nuovo pezzo sia contrario al loro. Apriti cielo che presto arriverà il vero diluvio. Quello di parole. Sull'affermare con insistenza che voi in fondo non siete "addetti ai lavori" e che non potete capire minimamente che sforzo ci sia dietro. E su questo posso anche essere concorde. Ma allora mi chiedo se il parere lo chiedono per sentirsi dire la verità? O solo per essere osannati e incensati? Io credo molto di più nella seconda ipotesi. Vivono di notte e sono sempre alla ricerca di una cartina (non quella stradale, altrimenti sarebbero in grado di ritrovare la strada di casa). Lo strumento è il prolungamento dei loro arti.
Per non parlare di tutta la corte di cavi, jack, effetti, pedaliere e altri oggetti mefistofelici. Sembrano soldati che si preparano ad andare al fronte, guerrieri mitici armati di plettri e bacchette.
Perciò quando chiederete ad uno di questi: "Che musica fai?" lui di sicuro risponderà: "Musica per pochi eletti." e lo dirà con un'aria fiera. Nell'attimo in cui sarà finita l'esecuzione penserete "FORTUNATAMENTE!".
Io ovviamente parlo di tutti quei pseudo musicisti che invece di tentare insistentemente di rovinarci i timpani potrebbero tranquillamente andare a raccogliere fragole in Norvegia. La manodopera di questi tempi è in netto calo. Tutta la mia vita è accompagnata dalla musica. La musica fatta bene, con il cuore. Quella che comunica qualcosa anche ad una profana come me.
La musica che non è fatta in modo approssimativo e non è dozzinale, soprattutto che non sia per la massa.
Perciò miei cari musicisti, abbassate un pò i toni del vostro ego, perchè i grandi potevano permetterselo, in quanto immortali, voi dovreste livellare la misura dell'ego con la misura del talento.
E se l'ago della bilancia pende troppo verso il talento, è molto probabile che stiate usando la bilancia sbagliata.

venerdì 11 maggio 2012

It's wonderful


La settimana volge al termine e tutti i comuni mortali non vedono l'ora che suoni la campanella dell'ultima ora.
Quell'ora in cui tutti continuano a fissare le lancette dell'orologio. Quando potranno tutti fuggire verso un paradiso fittizio. Ceretta, trucco, shampoo, piastra, barba, acqua di colonia di marca (quella che conserviamo per le grandi occasioni: cene con parentado, uscita romantica con probabile anima gemella, etc...). Si scappa dall'ufficio e ci si fionda in una corsa contro il tempo per il terribile restauro. Ci cerettiamo, ci piastriamo, ci profumiamo come se stessimo andando all'appuntamento con lo sceicco che ci toglierà da questo squallido presente. Borsa firmata, il capello perfetto, sandali e pedicure, bracciali, anelli e collane che neanche la madonna di Montevergine. Trucco da star, tatuaggio in bella mostra, unghie laccate, tacco a strapiombo con plateau e non importa se per camminare abbiamo bisogno delle stampelle perchè i maledetti san pietrini rendono il tutto molto più arduo. Sfilza di giovincelle (minorenni ovviamente) che si sostengono l'un l'altra e non metaforicamente, passeggiano ad una lumaca all'ora per paura di cascare. Passettini degni della più esperta geisha, corredate di trucco alla lady gaga appena sveglia, unghie alla Ava Gardner (tutte uguali ovviamente), borsa al braccio, della serie "ho appena fatto il prelievo di sangue". Tutte pecore che stallano nel gregge. Ma la cosa che più mi diverte è la "lunghezza" della mini. Quando Mary Quant inventò questo modello di gonna non credo lo avesse pensato così tanto corto. Noto che la lunghezza adesso varia da nascondi-culo a raso-micia. Ovviamente è tutto perfettamente calcolato. Non devi cadere, non devi respirare, ma la cosa fondamentale è NON DEVI PENSARE! L'importante non è essere, ma apparire. Quello che conta sopra ogni cosa è: conquistare! A questo punto mi chiedo chi. Potenziale stupratore, serial-killer stile Jack the ripper o il figlio di papà corredato di soldi? Tra i tre personaggi io sceglierei Jack the ripper, se non altro è il meno peggio in questa fiera dei mostri.
Abbiamo barattato lo stile personale in cambio del trash multiuso. Abbiamo lottato per il voto, per l'aborto, il divorzio, la parità sessuale, il diritto allo studio, abbiamo gridato e pianto e per cosa? Per sottrarre i centimetri di stoffa alla gonna e poterci truccare tipo tigre del ribaltabile?
E come l'uovo di pasqua che in realtà non ha la sorpresa, ci incartiamo con una bella tappezzeria e dentro abbiamo il deserto del Sahara. L'uomo invece ha barattato la sua mascolinità per un paio di mocassini, pantaloni da barca, ciuffo alla John Travolta, trucco e parrucco? Probabile pillola blu nella tasca, ceretta anche lui, t-shirt con scollo a v e petto glabro. Mi sa che sono finita al circo e non lo sapevo. Proprio io che odio questo genere di spettacolo! Che orrore!
E se la moda ha i suoi corsi e ricorsi storici, perchè, mi chiedo, non iserire i corsetti vittoriani (per fare contenta la mia amica victorian victim), le parrucche bianche incipriate e i nei finti? E perchè no la calzamaglia alla Robin Hood? Credo che essendo figlia di questo tempo non posso far altro che adeguarmi, ma se per farlo devo travestirmi ogni volta e solo per conquistare un uomo che si scandalizza alla vista di un libro, preferisco farmi clarissa. Non avrò la fendi, i miei capelli non saranno sempre in perfetto ordine, a volte mi stancherò di camminare sui tacchi e il trucco mi si sbaverà, certo, ma non posso fare a meno del mio cervello, del libero arbitrio e della libertà.
Non cambio la mia luna di traverso per un paio di hogan, per il venerdì al centro, l'aperitivo al solito posto, la discoteca il sabato sera e tutta la via crucis che ti fà essere "in".
Meglio essere "out".
Lascio tutti i personaggi di questa bruttissima piece teatrale seduti al bar. Tutti ubriachi e demoliti.
Mi sa che me ne vado con Paolo Conte.
Eh si! Vieni via con me. Niente più mi lega a questi luoghi, neanche questo tempo grigio...
It's wonderful good luck my babe...


giovedì 10 maggio 2012

Skin & Bones


Quanto può far male un dolore che già conosciamo?
Cerco di afferrare la lampadina sospesa sulle nostre teste, ma è sempre troppo in alto.
Per entrambi che abbiamo investito carne e sangue. Lacrime, passione e sudore.
Il tempo e il rancore hanno messo fine alle nostre attese.
Il tempo dei giochi è finito e non abbiamo potuto far altro che crescere.
Crescere con le nostri peggiori cicatrici.
La pelle si è macchiata.
Siamo così stanchi, ma non possiamo dormire.
Abbiamo perso il sonno e il tempo del riposo.
Ho creduto in qualcosa che non è mai esistito.
Sei il mio muro di gomma, la mia cella, la mia camicia di forza, la mia morte.
Sei tutto quello che di sbagliato c'è al mondo e che ho sempre cercato.
Sei le mie cicatrici più profonde, i miei errori più grandi, la mia follia senza freno.
La passione e la sospensione degli attimi.
Sei il ricordo più bello e quello più tragico.
Sei solo aria in vena, sei l'eutanasia che non ti uccide.
Sei il coma infinito.
Sei l'abisso senza fine.
Sei il mio boia, il mio carceriere, il mio patibolo.
Sei l'incubo più bello. La superficie lunare che non toccherò mai.
Sei tutte le mie lacrime, quelle che credevo di aver perso e quelle nuove.
Sei un blocco di granito che m'impedisce la visuale.
Sei tutto il male.
Tutto il nero. Tutto il mio sangue. Tutta la comprensione.
Sei la lampadina sopra le nostre teste, che nonostante il temporale riuscirà ad illuminare la stanza.
Sei tutti i miei respiri.
Sei tutti i battiti mancati.
Sei la vita dentro la morte.

mercoledì 9 maggio 2012

La riva sottile


Il centro della fiamma è diventato un cuore nero.
Nero come la cancrena della mia anima. Nero come le tenebre nelle quali mi hai celata.
Il sangue si è rappreso e un odore nauseabondo si espande per le stanze. Per le pareti di acciaio.
Lamiere contorte come dopo un incidente. Il vento trascina le nostre anime attraverso la nebbia.
Ferro rovente e rosso sangue.
Come gli attimi dispersi nel disastro.
E' tutto inutile ormai. Distesa sotto i cadaveri degli altri non posso più muovermi.
Lontano. Vuoto statico. Crudele sazietà.
Le luci non si riaccendono più. Il buio è dovunque ed è denso come pece.
Le mie dita si sono intorpidite attorno a quel bordo scalfito.
Non riesco più a muoverle.
Silenzio assordante. Condanna eterna.
La tua misericordia è destinata ad altre vittime sacrificali.
Aridità e la monotonia. Nebbia di calce e cavi attorcigliati.
Ho imparato a sanguinare senza farmi male.
Hai sezionato sul tavolo operatorio le mie azioni e il mio orgoglio.
Le tue mani sono fredde e l'orizzonte è una riva sottile.
Le hai strette attorno al mio collo e il tempo ci ha spazzati via come granelli infinitesimali.
L'acqua ha lavato tutto, anche il sangue, ma è rimasto il nero.
Nero ovunque. Sui nostri rimpianti e sui i nostri stupidi alibi.
Abbiamo costruito alibi perfetti, dai quali non possiamo più salvarci.
Dentro la selva delle tue bugie siamo ancora intrappolati.
Annego ancora una volta. Ancora una volta nel sangue mentitore.

martedì 8 maggio 2012

Desert of death


Camminavo nel deserto. Sabbia. Sabbia. Montagne di sabbia. Dune sensuali e immobili.
Il sole era alto nel cielo e formava con l'orizzonte rabeschi rossi e dorati.
Il giallo si confondeva con l'oro del deserto. Sembrava l'inferno. Un inferno fatto tutto di colori caldi. Un inferno piacevole e attraente. Camminavo e i raggi li potevo quasi toccare.
I miei piedi nudi affondavano nei granelli incandescenti. Neanche una palma in lontananza.
I miei occhi socchiusi distinguevano un panorama tremolante, a tratti liquido.
Tutto si confondeva nella mia testa.
Il caldo e la sabbia. Il sole e le nuvole.
Seguimi!
Una voce dolce e morbida sussurrava al mio orecchio.
Non la conoscevo, ma sapevo venire direttamente dagl'inferi.
Un demone?
La morte che mi raggiungeva?
Non avrei potuto evitarla. Correva più veloce di me. Io potevo solo camminare.
Ascoltami!
Ancora la voce che mi guidava verso il baratro.
Era la fine, ma il deserto era così affascinante.
Le nuvole erano diventate di zucchero e il rosso del cielo si era fatto più scuro.
Come sangue rappreso tingeva Urano.
I raggi di un sole morente filtravano attraverso le nuvole e toccavano Gea con violenza.
Ogni tanto una lieve brezza smuoveva qualche piccola duna dinnanzi a me.
I miei piedi spostavano cumuli di sabbia inerme. Camminai per lungo tempo.
Fra le dune e i miraggi, fra le palme e le oasi ingannevoli.
Di colpo mi fermai. Una figura nera, incappucciata mi fissava.
Nella sua immobilità sembrava si muovesse come una danzatrice araba.
No, non era più mascherata. Era una donna splendida.
Un turbante le nascondeva i capelli. Aveva le mani dipinte di simboli neri.
Muoveva i fianchi e le mani e come Salomè faceva la danza dei sette veli.
Era sensuale e cedevole come le dune. Dissetante come l'acqua, mi guardava e m'invitava a raggiungerla.
Adesso non si muoveva più. Era immobile come una statua di sale.
Eretta, altera, fiera come una torre. Era il meridiano che ci divide dal regno di Ade.
La fissai diffidente, ma alla fine il mio genio capitolò e camminai verso di lei.
Il suo volto non era più bellissimo, ma nascosto dalla sua cappa nera.
Aveva mani finissime. Bianche, quasi trasparenti. Morbide come piume.
Il suo era l'aspetto nobile di Proserpina rapita o di Ecate?
Mi guidò tra le ombre della sera. Le stelle ricoprivano la trapunta del cielo.
La luna di damasco finissimo resisteva sospesa su ogni cosa.
Non sentii più freddo ne disperazione. Il mio cuore era sgombro.
Camminammo per tutta la notte fino alle sponde dello Stige.
Anime vuote danzavano davanti, nel deserto dimenticato da tutti.
La figura andò via. E non potei più proseguire.
Non riuscii a fare il mio voto inviolabile.
Non potei lasciare lì il mio cuore.
E rimasi nel deserto.
Sola!

domenica 6 maggio 2012

Lo zingaro innamorato


Lo zingaro con la chitarra camminava.
Camminava sul ciglio della strada. Le macchine sfrecciavano veloci e i guidatori non sembravano notarlo. Eppure era alto e con la barba nera. Affascinante. Portava un cappello e fumava sigarette. Senza casa, senza meta, aveva solo la sua musica a tenergli compagnia. Camminava sotto il sole e canticchiava un motivetto leggero. Arrivato alla stazione, prese un treno, uno qualsiasi verso nessun posto o verso il mondo intero.
Sul treno si addormentò e sognò due occhi neri, orientali e maliziosi. In una miriade di colori accesi, rosso, arancio, giallo. Quegli occhi lo seguivano sempre. Scese in un posto qualsiasi e sotto un cielo cremisi riprese il suo viaggio. Passò per una strada di campagna. Attorno solo prati a perdita d'occhio, qualche albero solitario e nuvole filanti nel cielo. Arrivò davanti ad una casa e lì uomini brindavano. Gli offrirono vari bicchieri di vino. Non rifiutò mai. Bevve e suonò la sua chitarra. La sua musica gitana si disperdeva nella valle. Si adagiava sul verde, sotto le stelle e sotto la luna di limone. Sui fiori assonnati e su quelli desti e odorosi d'estate. Le donne danzavano e muovevano le loro lunghe gonne colorate. Il tintinnio dei loro bracciali erano come cimbali asiatici. Gli uomini anziani battevano le mani e i grilli facevano il controcanto. Il vino e il vento leggero regalavano a tutti un'effimera gioia. Lo zingaro continuava a far cantare la sua chitarra e annegava nei suoi accordi marcati. Ogni tanto beveva, ogni tanto fumava. Era felice e ubriaco, ma dentro portava sempre quegli occhi nerissimi. Gli sbattevano nel petto al posto del cuore. Quando tutti si ritirarono nei loro letti, lui posò la chitarra su una sedia e bevuto un ultimo bicchiere di vino si addormentò tra l'erba morbida, sotto le stelle luminose e lontanissime. Si ridestò all'alba. Il cielo era ancora di un tenue rosa e lo zingaro con un filo d'erba tra le labbra riprese il suo cammino. Un cammino dentro se stesso. Alla ricerca di quei due occhi sconosciuti. Fonte d'ispirazione. La sua schiena adesso era più dritta e il suo passo più deciso. Voleva vedere il mare. La sue continue partenze erano per lui in fondo, sempre ritorni.
Avrebbe ritrovato quegli occhi. Prima o poi li avrebbe baciati e avrebbe smesso di camminare.
Avrebbe terminato il suo viaggio esattamente lì. In quel mare nero.

Il fondale


Il tempo scorre e scivola come se fosse acqua.
Ho visto affondare il tuo cuore.
Non abbiamo più tempo e siamo rimasti imbalsamati nei nostri ricordi.
E come un fiume il tempo corre veloce verso il nulla.
Con i nostri rimpianti ci nutriamo dei nostri migliori incubi.
Nessuno doveva vedere quella porta, nessuno avrebbe dovuto provare a girare la maniglia.
Il silenzio è così tangibile che si può afferrare. Quasi si può affettare con la lama di un coltello.
Le mani della notte ci afferrano e con i suoi artigli ci strangola.
Stretti e tremanti come foglie restiamo avvinghiati alle stelle.
In apnea nei nostri fondali cerchiamo ancora quelle vele naufraghe.
Siamo ancora lì?
No. Tu non ci sei più, perchè il mare e la notte ti hanno portato via.
Non potrai più ferirmi. Nessun dolore e nessuno specchio rifletterà più quegli occhi infernali.
Nell'abisso, con le mie nocche ammaccate, cerco ancora il tuo cuore disperso.

sabato 5 maggio 2012

Follia d'amore


Cercherai un'altra me?
Ma troverai solo me.
E come sulle note di una melodia jazz corro sui tasti bianchi e neri della tua follia.
Senza meta, senza una melodia vera e propria.
Inspiegabilmente, viviamo la nostra pazzia momentanea, come se non ci fosse un domani, come se il mondo finisse nell'istante in cui tu metterai piede fuori dalla mia porta.
Non farlo. Non varcare quella soglia o sarà troppo tardi!
Non è facile lo so, ma io non so più chi sei e forse non m'importa più.
Combatto contro la tua musica con i miei "se" e i miei "ma" e mi sento tanto un novello Don Chisciotte.
Ha senso combattere contro i tuoi mulini a vento?
Cerco di resistere, stringo i denti e faccio finta che i nostri attimi di follia siano la vita reale.
Non mi sento poi tanto invincibile e nonostante la mia armatura riesci sempre a varcare quella soglia, ogni volta, ogni notte, come quando la luna è così luminosa che entra in quella stanza bianca.
E oltre le ombre della notte c'è solo la tua follia a tenermi compagnia. La nostra eterna compagna di viaggio. Abbiamo smesso entrambi di combattere, entrambi fragili, ambedue disarmati, non cambieremo mai e forse è stato bello abbandonarsi alla tua follia, anche solo per il tempo di una notte. Siamo invincibili quando siamo insieme, quando non badiamo alle pareti spoglie, quando non abbiamo fame ne sete, quando la notte finisce sempre troppo presto. L'incanto dura solo per una piccola parentesi, ma è così tangibile che il mondo per un attimo smette di esistere, smette di correre e tutti con il fiato sospeso, in silenzio e con i nasi all'insù, guardano quel disco luminoso sopra le loro teste. Il pianoforte ha trovato una compagna perfetta, una tromba che non piange, ma danza uno swing anni 50. Camminiamo per strade senza traffico, senza folla. Solo un bar aperto e un jukebox diffonde nell'aria una superba Billie Holiday. Ma questi posti non esistono più, come non esistiamo noi, se non di notte, se non nei vecchi film. E solo nei nostri sogni.
Abbiamo smarrito la strada, ma la magia si ricrea ogni volta che la nostra follia d'amore ci riporta su un pianeta con assenza di gravità, ogni volta che sentiamo quelle note nell'aria.
Resisto e persisto e tu docile mi trascini di nuovo in quella stanza vuota.
Ridiamo come se non avessimo mai smesso di amarci, come se il tempo si fosse fermato.
La notte è finita. Abbiamo cercato di prolungarla nei nostri infiniti caffè.
Ho visto un altro te.
Ho vista un'altra me.
E non erano false magie. Era tutto vero.
In orbita nella nostra follia.
Del resto come si può non amare quando la luna è così luminosa?

giovedì 3 maggio 2012


Amore fa solo rima con livore e infine con fetore...quello della decomposizione.
Un maelstrom che ti risucchia giù in fondo agli abissi.
Un livido che non sparisce mai. Una cicatrice che non guarisce. Il sangue che non coagula.
Regalare, concedere, perdonare, giustificare, tutto questo fà solo rima con annullamento della vittima.
Dall'aldilà non si torna e si può morire una sola volta, per questo l'amore è solo una grande macchina infernale, un'arma di distruzione di massa, un naufragio senza superstiti, l'alibi perfetto, il movente perfetto, il delitto perfetto. E' solo un sorriso storto, un braccio mancante, una fitta costante al cuore che ad intermittenza dà scarica elettrica. L'amore è un patibolo, è la ghigliottina sulla quale ci inginocchiamo ogni volta con un sottile piacere perverso. E' un veleno che trangugiamo come se fosse miele e sotto gli occhi estasiati del nostro aguzzino. E' un fiore carnivoro che nutriamo. E' un mostro orrendo che non ci dà pace.
Una danza incompleta.
Una canzone senza melodia.
Una poesia senza rima.
E' aria in vena. E' un pianeta con troppa gravità.
Vale davvero la pena di vivere tutto ciò in cambio di un torace senza battiti?
Volevo provare ad uccidere quel cuore come tu hai fatto con me.
Ho gridato nel sonno per sfuggire al tuo incubo.
Non si può scappare da quelle mani. Le mani che ogni notte vogliono strangolarmi. Una voce scura che mette l'angoscia dentro la mia testa, una scatola dalla quale non si può più uscire.
L'amore è solo una trappola.
E' il retrogusto amaro che non va via.
Dopo l'amore l'odio atavico.
Infine mi sono rimaste solo garze tra le mie dita fredde.
Il mio cuore è stato affondato e non mi resta più tempo. 
Amore fà rima con... oblio. Spero!

Alta voracità


La luce di questo schermo è come il parabrezza della mia macchina che divora chilometri notturni.
Divoro ogni cosa. Io sono Medusa. Vorrei sciogliere nell'acido questa triste, satura, schifosa realtà.
La realtà di uomini tutti uguali, di donne sentimentalmente frigide.
Una realtà dove ognuno viaggia nel proprio trip personale.
Quanti rospi dovrò baciare prima di capire se mi trovo nella favola giusta?
E quanti alla fine ne dovrò ingoiare? Le favole non esistono.
Diabolicamente vorrei giustiziare tutto ciò che non mi da nulla e lasciare libero il rospo nel suo stagno. L'inferno è qui! Ogni giorno affronto le fiamme dell'indifferenza con un distacco degno del re degli abulici. Sono il cavaliere errante che con alta voracità sente la continua esigenza di distruggere il suo mesto vicino di casa. La mia rabbia è incisa sulla mia pelle e vorrei un rossetto fatto di sangue.
Urlo più forte e la mia rabbia esplode e distrugge tutto.
Distrugge gli uomini che non riescono a tenere il mio passo, tutti quelli che pensano di leccarmi come una bambola di gesso, tutti quelli che in me vedono il giocattolo con l'ingranaggio rotto.
Mi faccio beffe delle loro menti ottuse, vuote, banali.
Sui loro pensieri ipocriti e qualunquisti vorrei passarci sopra con un bulldozer, e con una motosega eliminare ogni traccia delle loro perfide code.
Rido di loro. Non sono un bel lago, sulle cui sponde si può prendere il sole.
Sono uno stagno, il mio fondale non si vede.
Il mio fondale è fatto di fango. Cosa c'è realmente dietro il nero?
I dolori non sono visibili, si portano dentro e si odiano.
Una bella superficie di lacca nera. Una piccola matrioska. Una scatola dentro un'altra, tutte nere e lucide, allineate e decrescenti. In ognuna riesco ancora a farmi del male e riesco ancora ad odiare ferocemente.
Alibi. Tutte scuse. Tutte stupide macchinazioni le vostre.
Nessuno riuscirà a tenere il mio tempo, nessuno potrà baciare Medusa.
Nessuno sarà capace di ballare e di continuare oltre la fine del respiro.
Nessuno saprà ritornare dalla tomba, perchè la Gorgone vi ha già pietrificati tutti!
Siete solo relitti dimenticati nel fango.

martedì 1 maggio 2012

Quando l'amore se ne va


Quando l'amore se ne va...
Cosa succede? Resti a piedi, senza alcun passaggio ne la possibilità di fare l'autostop.
Ti rialzi sulle tue gambe, per un attimo ti sentirai forte, ma sarà solo un attimo.
Ti accorgi, quasi subito, che l'amore è andato via. Per sempre? Questo non ci è dato saperlo.
Ma la vera rivoluzione è combattere per saperlo.
E allora rivoluzioniamoci. Respiriamo forte e come quando ad un concerto urliamo e saltiamo, mettiamo la stessa energia per ritrovare l'amore. Quell'amore che è andato perduto, ma forse non completamente.
Il nostro cuore non ha fatto più ritorno, i nostri occhi hanno perso la lucidità e le rose avevano solo spine. Ma è sempre meglio avere un cuore infranto che non averne neanche uno.
Il cuore ritornerà un giorno non lontano, gli occhi ritroveranno la lucidità e le rose germoglieranno di nuovo.
L'amore se ne va, fa un giro immenso e sotto altre forme ritorna. Quando ormai non lo cerchiamo più.
In un bicchiere di vino, in una chitarra solitaria, nell'odore del mare, nella voce di una donna...
L'amore ritornerà quando riusciremo a camminare nel modo giusto, quando non avremo più fame, quando riusciremo a ballare senza sentirci ridicoli.
I mostri amano più degli altri, soffrono di più e gioiscono di più.
Come tutti i mostri ho perso l'equilibrio e mi sono rialzata, ho pianto e ho riso, ho ballato e cantato e il mio cuore non è ancora tornato. Ho perso l'appetito perchè mi sono sfamata solo delle sensazioni e ho sentito l'odore del mare e il profumo del vino. Ho sentito quella chitarra suonata solo con il cuore.
Sono rimasta a piedi e non posso chiedere alcun passaggio perchè la mia strada è solitaria.
Ho una fitta al fianco sinistro e cerco di non lamentarmi.
Ma per usare le parole di A. Mannarino "...solo mi chiedo perchè sto così bene con te...tremo, tremo forte, fra le tue carezze" si, vorrei non stare più bene con te e riacciuffare il mio cuore di passaggio e vorrei non tremare più e vorrei andare via.
In questa notte scura faccio risse con i miei fantasmi e con le mie paure. Combatto con gli spettri, le rose le hai mangiate e a me son rimaste solo le spine. Ne ho fatto una torta e le ho servite alla mia tavola.
L'amore è andato via? Dov'è andato?
Spero ritorni presto, perchè il mio letto è diventato una barella. Uso ancora le stampelle...ma quanto durerà questa convalescenza?
Riuscirò a rialzami e a ritornare prima o poi a casa?
Anche a piedi, di notte...
E sulle note di "Statte zitta" me ne ritorno nel mondo dei sogni, su una barca d'argento, dove le rose non hanno spine e il vino non ti ubriaca mai.