martedì 31 luglio 2012

Soulmates never die


Questo post è dedicato ad una persona molto speciale. So che questa persona segue il mio blog, perciò so che leggerà il mio pensiero.

Mi rendo conto e spesso senza alcun preavviso, che l'amore insegue davvero dei sentieri inaspettati e strani. Ci sono diversi tipi d'amore e questo è un dato di fatto. Non so cosa si prova ad amare un figlio, ma so cosa si prova ad amare una madre, un'amica, una sorella. Quando ti faresti in quattro per aiutare una persona in difficoltà, quando capisci il dolore e vorresti spegnerlo in un istante. Quando si ride di qualcosa di stupido, quando una malattia improvvisa sovverte l'ordine naturale delle cose, quando ti senti impotente.
Sono tutte sensazioni a me conosciute, eppure un giorno ho scoperto una nuova forma d'amore. Quella che si prova per i propri allievi, quelli che hai visto crescere, quelli che non sono allievi modello, ma che hanno tanto da dare. Quando li vedi piccolissimi e indifesi. Non credo di avere un istinto materno molto sviluppato, forse non ne ho per niente, ma alcuni bambini mi hanno preso il cuore e spesso non con la loro simpatia. Con alcuni è stata subito guerra al primo sguardo, con altri meno. Ma quelli che hanno catturato la mia attenzione sono stati sempre quelli meno diligenti, ci ho sempre visto qualcosa in loro, magari un potenziale nascosto, magari il loro essere scontrosi era solo una difesa. Capita molto spesso che il primo giorno di lezione alcuni piangono e farli entrare in sala è una vera e propria opera di convincimento, che spesso si risolve con un game over per me. Non sempre con me è amore a prima vista, risulto antipatica e acida, poi però qualcuno si ferma e cerca di vedere oltre e allora è amore per tutta la vita.
Non credo nell'amore eterno, nel "...finchè morti non ci separi!", ma credo nell'amicizia, quella può durare tutta una vita e oltre e in queste forme d'amore bizzarre o non catalogabili nè nel settore amicizia, nè nel settore amore di coppia.
Tra le mie allieve diciamo che c'è un cigno decisamente nero, una di quelle ragazze che riescono a fare breccia nel cuore dopo anni e anni di litigi e scontri. Ci convivo ormai da 7 anni e solo dopo tanto tempo mi sono resa conto di quanta potenzialità ci sia in questa persona. Una persona in fondo molto fragile ma anche molto affettuosa. Essendo io una persona poco espansiva, ammetto di essere stata qualche volta in difficoltà, soprattutto ad esternare il mio affetto. Mi sono anche resa conto che forse questa è l'unica persona, nel mio ambito lavorativo, che ha capito come sono. Ha avuto mille attenzioni per me e io mi sono sentita in difficoltà, perchè non mi era mai capitato prima. Forse me la cavo meglio con la scrittura e così ho deciso di dedicarle questo post.
Non sarò l'insegnante perfetta che tu pensi e spesso non avrò capito i tuoi malumori, forse è capitato anche che io ero troppo nervosa e me la sono presa con te.
Ma in fondo io ho capito quanto tu sia capace di amare.
E so quante potenzialità hai, lo so molto più di te, so quanto è grande il tuo cuore e quanta passione sai mettere nelle cose che fai.
E anche se spesso non so dirlo con parole udibili, ti ringrazio.
Grazie di tutto.
Sei la mia regista preferita!

lunedì 30 luglio 2012

Lollipops and crisps


Il vero amore è quello fatto di lecca lecca e patatine, è quello che ha il sapore della gioventù, anche se hai 60 anni. E' una bomba posizionata nella gabbia toracica. E' come se ti avessero tolto qualsiasi tipo di sostegno. Non c'è più la gravità, non c'è più il pavimento. Il vero amore è quello che dura un attimo, è quello che ti porta via la ragione, è quello che ti fà bere cianuro a colazione, è la consapevolezza di avere un cervello malato. E' una sorta di gioco perverso in cui decidiamo volontariamente di farci malmenare il cervello e anche se i lividi non ci sono li senti come se te li avessero tatuati in 100 posti diversi, 100 mani diverse. E' come una corsa infinita in cui la spossatezza non si sente. Possiamo essere tutto questo? Si, siamo esseri perfetti con sentimenti imperfetti. Siamo in grado di distruggere ogni piccolo castello di sabbia costruito con cura per tutta una vita, in 10 secondi. Siamo capaci del più grande dolore e del più grande amore. Ma cosa accade quando la fonte del nostro amore non si accorge del tumulto che avviene proprio sotto i suoi occhi? Succede che andiamo in pezzi, in tanti piccoli pezzi colorati, come quelli delle vetrate delle chiese, come i caleidoscopi con cui si gioca da piccoli. Diventiamo miseri cocci che graffiano il pavimento. In questi casi non si può far altro che voltarsi e andare oltre. Il dolore passa e anche se ci sono i lividi, un giorno la nostra pelle sarà pulita, le ferite si saranno rimarginate e non ascolteremo più quella voce interiore che ci vuole claudicanti perenni. I giochi dei bambini sono stati una preparazione per i giochi che avremmo praticato da adulti, ma senza le istruzioni per l'uso. Abbiamo ancora paura del buio? Non più. Adesso abbiamo paura della luce. Quello che vediamo alla luce del sole ha perso ogni attrattiva. In fondo forse la fonte del nostro amore non è che un gioco mal funzionante, è una corda spezzata, sono i pattini senza le rotelle. E' una macchinina che non può più trasportare un cuore, divenuto ormai troppo pesante.
I miei lecca lecca sanno di arsenico e le patatine qualcuno ha dimenticato d'imbustarle.
Ma credo ancora che "True love lives on lollipops and crisps...".
Forse un giorno l'amore arriverà (o ritornerà) a cavallo di una motocicletta nera, con i lecca lecca colorati in una mano e
il cianuro nell'altra. Sarà affascinante come la morte e avrà gli occhi profondi come il mare.
In fondo se siamo noi gli artefici del nostro destino, siamo noi che chiudiamo le manette attorno ai nostri polsi sottili. Siamo carnefici di noi stessi. E scegliamo di giocare ai giochi degli adulti con il nostro cervello di bambini. L'amore è un sonetto incompleto. In fondo chi sono io per poterlo dire?
Sono solo un mostro che aspetta i lecca lecca colorati.

domenica 29 luglio 2012

Pierrot


L'odore del legno è così pregnante, persistente, quasi invadente. Come l'odore della lacca per capelli. Ho sognato più volte quell'odore, se ciò fosse possibile. L'odore dei fiori che invadevano il corridoio. Il cerone sparso sul pavimento, le forcine, il trucco e il calore dei riflettori. L'andirivieni dietro le quinte, l'attesa, la tensione... Le mani sudano e i piedi non riescono a stare fermi un secondo. In un attimo riaffiorano strani ricordi. Un volto particolare, una voce familiare, l'odore dell'abbraccio materno, il mare che ti culla come se fossi morto. Poi il silenzio che ti avvolge. Il sangue smette di circolare e la riserva d'aria è terminata.
In quel momento siamo tutti morti.
Siamo clown senza trucco, non abbiamo più le lacrime dipinte, ma solchi neri e profondi.
Siamo anestetizzati e bloccati dal dolore.
Il cuore è stretto in una morsa... Ormai non sanguina neanche più.
Siamo in ginocchio e fissiamo i lacci delle scarpe. Immobili nelle nostre posizioni di partenza.
Abbiamo subito l'addio e il perdono, la compassione e l'odio, ma siamo ancora qui a nuotare contro corrente. Abbiamo deciso di farci legare e imbavagliare sul nostro stesso letto. Abbiamo detto si mentre i riflettori si accendevano. Siamo andati in scena con il cuore a pezzi e con il cervello spento. Siamo gli automi che hanno deciso di non sentire il dolore, di non sentire niente, di spegnere tutto e andare a casa.

Sono tornata a casa e non ho trovato niente. Le stanze erano deserte, i mobili sono stati portati via, la carta da parati a fiori distrutta e i vetri delle finestre infranti. Solo i giochi erano rimasti accantonati in un angolo. Le bambole senza vestiti, alcune senza testa, le costruzioni sparpagliate sulle mattonelle fredde, le macchinine arrugginite. I pezzi del puzzle mancavano e io non potevo farci niente.
Mancava tutto.
Hai portato via tutto, anche la musica e le poesie, i disegni e i fiori.
Mi sono rannicchiata in un angolo e ho dormito per i cento anni che mi restavano da vivere.
Quante volte ancora vorrai seppellirmi?
Quante volte ancora dovrò riprendere fiato?
Quante volte ancora dovrò chiudere gli occhi per non vedere?
Il letto mi accoglierà di nuovo sfinita e senza sogni.
Come tutte le notti...
Come i miei sonni senza sogni, come ogni volta che vengo inghiottita dal mare nero.
Sono il clown senza trucco e senza sogni.

domenica 22 luglio 2012

L'arciere


L'arciere ha scoccato la sua ultima inutile freccia. La faretra è ormai vuota e sotto una pioggia fittissima si è incamminato verso casa. Sotto il portone ha visto due occhi teneri che lo fissavano. Incapaci di parlare, li ha guardati attraverso le sbarre d'acciaio. E' stato un attimo infinito, ma alla fine l'arciere si è voltato e ha messo anni luce tra lui e quegli occhi maledetti. Ha posato la faretra vuota e ha poggiato la testa sul tavolo.
Si è addormentato.

Ho sentito l'amore. Una volta, forse due.
Ho sentito quei battiti accelerati, come se il tuo cuore volesse scappare dal torace.
Ho visto quelle mani tremare.
Ho visto le tue gambe nervose restare immobili.
Ho tirato tutti i miei dardi.
Ho puntato ad un unico bersaglio e ho fatto centro.
Hai dimenticato quanto sanguinavano i nostri cuori?
Hai perso la ragione e io il sonno.
Ho sentito...

Adesso non sento più e da bravo arciere scocco le mie frecce solo su commissione.
Sotto la pioggia vado in cerca della mia preda.
Una preda con occhi tristi.
Sono la preda o sono l'arciere?
Sono l'arciere senza cuore, colui che non sente nulla. Il cacciatore che non prova sentimenti. Sono il carnefice consapevole del male che provoca, ma insensibile e freddo. Sono il sicario che fredda le sue vittime senza battere ciglio. Sono il veleno, sono la malattia, sono la cura e il contagio insieme. Sono il coma dal quale non si esce. Sono l'arciere impavido e spietato.
Ogni mattina indosso la mia armatura d'argento splendente, pettino i miei lunghi capelli, prendo arco e frecce ed esco a giustiziare le mie vittime inconsapevoli.
Calcolo la giusta distanza e punto dritto al cuore, con matematica precisione la mia vittima cade a terra e mi fissa con quei suoi occhi maledetti e teneri. Ma io estraggo con violenza la mia freccia senza degnare quegli occhi, la ripulisco del suo sangue e la rimetto nel mio arco d'acciaio.
Sono un arciere spietato che un giorno, non molto tempo fà, ha indossato occhi teneri e compassionevoli.
A mia volta trovai un arciere spietato e cinico.
Nessuna grazia. Non si fanno prigionieri. Non in amore.
La freccia è già pronta. Il mio arco è teso.
Scoccherò presto un altro colpo mortale.

giovedì 19 luglio 2012

Enjoy the silence


Ma quant'è gradevole il silenzio!
La vita ci risucchia costantemente in un maelstrom di chiacchiere spesso inutili. Siamo costretti a parlare, per lavoro, per dovere, per educazione. C'è sempre un motivo e capita molto raramente di parlare per il piacere di farlo. Mi piacciono le parole. Il mondo lo vedo fatto di parole e quasi mai di numeri. I numeri sono freddi, le parole possono esserlo, possono essere qualsiasi cosa, dolci, amare, placide, bucoliche, etc...Si può descrivere la bellezza di un albero con poche, semplici parole, con i numeri non si può fare. Eppure capita che i momenti di silenzio ci mettano in difficoltà spesso e volentieri. Il silenzio può essere assordante più di una folla di persone. Non sempre il silenzio sa essere gioioso, ma quando capita quel momento di silenzio che sa dire più di mille parole, allora e solo allora mi sento in difficoltà. Da bravo cactus quale sono questi attimi mi lasciano senza fiato e finalmente senza parole. Provo una sorta d'imbarazzo primordiale, come quando da bambini prendiamo parte ad una discussione tra adulti e non riusciamo ad esprimerci.
La gioia del silenzio. Sembra una sorta di realtà parallela, che non ci appartiene.
Se penso che siamo fagocitati tutti i giorni da pubblicità, chat, parole su parole, interviste e tavole rotonde. Parliamo di verità assolute e vomitiamo rancore sempre. In fondo è tutto una finzione. Dal momento in cui proferiamo la prima parola è un continuo parlare, parlare, parlare. Anche sul letto di morte terremo il nostro discorso più bello? Penso che ogni istante vissuto in silenzio sia più prezioso di qualsiasi altra spiegazione analitica su un dato argomento. Eppure gli attimi silenziosi che attraversano la nostra vita ci scombussolano più di un giro sulle montagne russe. Le parole sono violente come dicono i Depeche mode, perciò dovremmo consacrarci alla gioia del silenzio e goderci l'attimo.
Ma perchè dobbiamo sempre spiegare ogni cosa? Potremmo non dire nulla e guardarci negli occhi.
Detesto tutte quelle parole che spendiamo inutilmente. Dovremmo essere più avari e dedicarci più alle sensazioni. Ci sono persone che pur di non dire la verità in 4 semplici parole, preferiscono dedicarsi al loro esercizio di stile più riuscito: la menzogna gratuita. Una verità avrebbe breve durata, invece avvalorare una tesi fasulla, necessita di tante e tante parole preconfezionate al supermercato della fantasia.
Adesso tutto è silenzio. E' tutto più lento e calmo perciò in questi casi le parole sono davvero superflue. Adoro la notte perchè mi permette di non parlare più ma di godermi la gioia del silenzio, quando solo io sono sveglia in una casa addormentata. Ogni cosa è stata sistemata, tutto è stato accantonato, ci sono solo io in una notte liquida, i cani riposano nelle loro tane e i gli esseri umani sono stati rapiti da Morfeo in persona. Io no. Io sono un animale notturno che riesce a scavare dentro il buio pesto delle non-parole. Amo tanto questo silenzio, quanto gli occhi neri e profondi che vedo quando chiudo gli occhi.
Ho tirato le tende e spento ogni luce, la mia bocca è serrata e le mie mani corrono veloci sulla tastiera.
La gioia del silenzio.
Silenzio.
Basta con le parole inutili.
Basta con i codardi che continuano a mentire.
Lasciatemi al mio personale silenzio notturno...
Non ho più voglia di parlare.
Ho solo voglia di silenzio ad oltranza.


lunedì 16 luglio 2012

Fake plastic trees


Tutto è diventato di plastica, finto e insignificante.
Consumiamo quintali di plastica per le cose più futili.
Viviamo amori di plastica, con cuori di plastica intercambiabili attraversati da vene di plastica dove non scorre più il sangue. Pensiamo con cervelli di plastica e indossiamo guanti in lattice per operare ogni giorno i nostri sentimenti. Abbiamo vivisezionato tutto ciò che c'era di vero e non c'è rimasto che un involucro di plastica. Le città sono finte e ormai stiamo annegando tra centri commerciali e case di plastica che ci imprigionano nel finto tepore domestico. Anche gli alberi hanno perso i loro colori e il loro respiro, perchè sono stati sostituiti da alberelli della lego. Come gli alberi di Natale decorati da addobbi di plastica variopinta. Non pensiamo più, non ci fermiamo più se non per guardare vetrine piene di manichini di plastica color carne. Il mare è diventato una distesa di bottiglie di plastica blu, invase dall'inquinamento che noi stessi produciamo con altre bottiglie di plastica. I fiori di plastica ai balconi e sulle tombe. Anche la morte si può "conservare" al meglio in scatole di plastica.
Plastica.
Plastica.
Plastica.
Quintali, tonnellate, chilometri, chili, litri, oceani di plastica schifosa e biodegradabile.
In una scatola di plastica ronzante sono conservate le tue finte lettere e le tue foto non reali, i tuoi ricordi galleggiano in una bolla di plastica che fluttua nel cielo di plastica azzurro. Tutto il nostro mondo passato è stato cestinato e poi riciclato. Alla discarica ne hanno fatto tanti piccoli barattoli di plastica colorata. Sono vuoti. Sono da riempire con marmellate dal sapore di finti lamponi o fragole di lacca rossa.
Siamo solo dei vermi, dei vermi di plastica senza cervello e senza ossa.
Strisciamo tra residui di plastica, tra le macerie dei sentimenti passati e ormai dimenticati.
Siamo stati gli unici esseri in carne ed ossa e adesso in un triste laboratorio sperimentale, ci hanno trasformati. Siamo diventati due estranei di plastica, che vivono in città di plastica, circondati da alberi di plastica che filtrano un sole malato e freddo.
Abbiamo smesso di amarci perchè i nostri cuori si sono plastificati.
Noi, abbiamo spinto il pulsante di non ritorno e attraverso occhi di plastica ci siamo assopiti nei nostri letti di plastica...
Da questa finestra di plastica vedo finti alberi ondeggiare nella aria rarefatta e stagnante.
Per un attimo mi è sembrato di avvertire un rumore sordo...
Cos'era?
Per caso il mio cuore ha avuto un moto di vita?
Devo essermi sbagliata.
In un mondo di plastica, può un cuore di plastica battere?
Impossibile.
Da questa morte non si può più ritornare. Mai più!
Era solo una radio lontana che mandava nell'aria le note di Fake plastic trees dei Radiohead.

sabato 14 luglio 2012

La canzone del parco


Al solito posto, alla solita ora.
Questo è l'incipit.
In un torrido pomeriggio di luglio, quando tutti sono rapiti dalla siesta e dalla brezza leggera e intermittente  che naviga da una finestra all'altra, loro s'incontrano al parco. Alle tre del pomeriggio, quando anche le foglie degli alberi sono immobili. Dietro i tavoli da pic nic vuoti, dove ci sono le giostre, immobili anch'esse. Le altalene aspettano i bimbi e gli scivoli silenziosi restano lì ad osservare, il piano deve essere arroventato. I bimbi sonnecchiano nei loro lettini mentre questi due sconosciuti si danno appuntamento al parco. Non è l'ora del gioco. Sono naufraghi e dispersi e in un abbraccio si sono ritrovati. In un lungo bacio forse si sono riconosciuti...Il parco osserva muto questi due personaggi di un film muto. Ogni immagine è quasi in bianco e nero. In quei lunghi baci è finalmente piacevole perdersi e attraverso gli occhi socchiusi si può vedere il sole che filtra attraverso le foglie, non è invadente. Le foglie si smuovono di continuo come spinte da una mano invisibile. Il sole è sparito e la pioggia ha deciso d'infastidire i due amanti. Due ragazzini 15enni? O due adulti che non sanno spiegarsi il momento estatico? Acqua in piccole bolle cade giù, ma non infastidisce i due che continuano il loro muto monologo. Si, parlano anche così, senza parlare. Lo scorrere del tempo è l'unica cosa che riesce a turbarli. Il tempo passa e la pioggia è andata via. Le giostre continuano a restare mute e immobili, i bambini dormono ancora e nell'aria c'è solo odore di terra bagnata che presto si asciugherà. L'orologio inesorabile come la morte ricorda loro che il tempo è scaduto. Neanche il tempo per un ultimo bacio? Si, ancora uno e poi un altro ancora. Non sono più al punto di partenza, hanno già varcato la soglia della conoscenza. Si salutano un'ultima volta ancora. In fondo non hanno parlato per niente.
Si sono presi le mani e con gli occhi hanno detto:"ancora"!
Ciao dice lei con gli occhi mentre lui và via sulla sua moto, ma si gira un'altra volta ancora e le manda un bacio.

Le nostre sono state solo parole. Il tempo passato ha cambiato ogni parte di me. Ho sentito mia ogni tua paura, ogni tuo dubbio o perplessità...Niente è stato chiaro come in questo momento eterno. Sono state solo parole, attimi bellissimi che è il momento, ora, di richiudere nel baule dei ricordi. Quelli da dimenticare. Fuori dalla mia stanza lascio ogni parte di te. E' passato tutto. Il domani forse è arrivato troppo in fretta, ma le tue erano solo parole inutili. E adesso non voglio più solo parole. Voglio le rose che mi emozionano. Posso stringerti nel mio ricordo più lontano, ma non posso fare altro. Ha smesso di piovere, come per i due sconosciuti del parco, le lancette dell'orologio hanno ricominciato a girare, lo scorrere del tempo ha scandito la nostra fine. Un altro addio? Forse un arrivederci. Chissà...
Per ora è un addio!

domenica 8 luglio 2012

Onde quadre


Oggi sul nostro azzurro (non tanto in verità) mare ho notato delle onde, ma erano stranamente quadre!
E se il mare ha le onde quadre e noi comuni mortali riusciamo a giocare con i sentimenti come fossero biglie di vetro colorato in una mano, può una rosa ipnotizzare il mio cervello da tempo atrofizzato?
Effettivamente mi chiedo se non sia meglio dirigere la mia testa vicino al muro più duro che c'è oppure scendere domani mattina a fare la spesa con un bazooka sotto braccio. Qualcuno mi ha paragonato ad un cactus (paragone più che azzeccato), che oltre ad avere le spine a quanto pare, ha anche del veleno all'interno delle sue foglie, ma qualcun altro mi ha anche fatto notare che prima o poi spuntano anche dei fiori. Di conseguenza ho una bella corazza che protegge il mio siero miracoloso. Se un giorno qualcuno dovesse superare la barriera delle spine dovrebbe comunque eludere il veleno. Adesso si che mi sento più tranquilla. Io che pensavo d'indossare solo una misera armatura in neoprene, mi rendo conto che potrei partecipare ad un conflitto ed uscirne indenne. E dopo aver saltato per circa due ore al concerto tanto atteso, sentendomi parte di un "tutto" mi accorgo solo dopo 24 ore che in fondo io non faccio parte di niente, che la musica la sento a modo mio, che i libri li leggo a modo mio e che ogni tipo di reazione esterna non mi tocca poi più di tanto. Mi sento come ad un ritrovo di alcolisti anonimi, dove tutti seduti in cerchio raccontano la loro triste esperienza: salve, porto i capelli viola e non ricordo più da quanto tempo il mio cuore non palpita più. Ormai ho perso il conto. Le coppie in fondo, sono una razza in via d'estinzione, come le cabine telefoniche, come le corse in bicicletta, come l'aria dolciastra che respiravo al mare da bambina. L'amore è diventato virtuale anch'esso, ogni cosa è divenuta così rarefatta che quando accadono cose fuori dal comune, come una rosa accompagnata da un bigliettino, i nostri sensori vanno in tilt e il microchip che ci hanno impiantato smette come per magia di funzionare nel modo giusto.
Il mio hard disk mi accorgo che è inutilizzato, è uno spazio enorme ma completamente vuoto.
Ma va bene così.
Mi preparo per il prossimo concerto con il mio amico mostro.
A breve mi libererò di tutti quelli che inquinano il mio campo perché ora sono stanca.