mercoledì 29 agosto 2012

Il monopoli dell'inquietudine



L’inquietudine è spesso come un martello pneumatico che ti scava un buco nel petto. Tutte le notti. Tutta la notte. Senti il peso come nessun altro e in un modo che non sempre è comprensibile alla maggior parte delle persone. Come si può ingannare il dolore? Quel dolore sconosciuto e allo stesso tempo amico fraterno. La notte striscia sotto la porta e tu sei lì abbracciato al tuo tormento quotidiano, non puoi liberartene, non sai come chiuderlo nella stanza della punizione e a volte non puoi farne a meno. Allora mi chiedo se davvero, noi inquieti notturni, siamo in fondo capaci di trovare la tanto agognata serenità. Forse no. In  verità non sappiamo apprezzare la bellezza delle piccole cose, dei piccoli gesti, di tutte quelle cose che ti danno la certezza che tutto sommato non siamo soli al mondo. In un mondo dove si combatte a colpi di mouse e hardisk cosa ci aspettiamo di trovare dall’altra parte della barricata? Quando finalmente avremo conquistato il territorio nemico cosa pensiamo di trovare? Di certo non un tesoro raro, perché se anche avessimo gli stivali delle 7 leghe, la nostra maledetta inquietudine sarebbe sempre lì a tenerci compagnia. Un volto, un gesto, un’espressione. La memoria è in fondo una pessima abitudine. Dovremmo avere la facoltà di poter dimenticare presto, di cancellare, di resettare ogni cosa. Si dovrebbe fare come per le memorie esterne, una volta scollegato il cavo, la memoria non ha nessuna funzione. Come sarebbe bello trovare il tasto di accensione e tenerlo su off ogni volta che se ne sente il bisogno. Perché si ha sempre l’impressione di essere ancora fermi al punto di partenza? Che cosa ci blocca in fondo? Cosa non ci permette di rialzarci e ripartire? Siamo noi ad aver inchiodato i nostri piedi sulla striscia di partenza o siamo andati in prigione senza passare dal via? Abbiamo ancora la facoltà di scegliere la carta dal mazzo delle probabilità e da quello degli imprevisti. Le sorti del gioco non sono ancora ben definite. Da bambini il massimo del divertimento era comprarsi Parco della Vittoria, dopo infinite ipoteche, prestiti e imbrogli vari, finalmente il cartoncino viola era nelle nostre mani. Che gioia! Ma cosa accadeva inevitabilmente dopo? Nulla, assolutamente nulla. Eh si, perché il destino avverso decideva, con un sinistro senso dell’umorismo, di non farci transitare mai nessuno sopra e noi passavamo il nostro turno nella triste prigione della città. In conclusione dovevamo vendere tutto, ipotecare ciò che avevamo conquistato lottando con le unghie e con i denti. Con il senno di poi mi chiedo se in fondo non era meglio accontentarsi di Corso Magellano o Vicolo corto. Si guadagnava di più, perché ci si fermavano tutti una volta o l’altra e si spendeva di meno nell’acquistarlo. Gli inquieti non sanno mai accontentarsi. Puntano sempre troppo in alto e immancabilmente restano delusi. Non c’è alcun rifugio, ne infermeria da campo per le vittime di guerra del proprio male. Siamo gli invalidi senza il parcheggio riservato, siamo i moribondi in grado di camminare, siamo il nostro stesso male, siamo il nostro peggior nemico. Siamo la nostra tortura. Mi rendo conto che io vivo su un pianeta con assenza di gravità e tutti gli altri stranieri che popolano questo pianeta, giustamente, mi guardano di traverso. Effettivamente qui la gravità c’è eccome. Ma perché io non riesco a poggiare i piedi per terra? Perdo troppo tempo a trovare una soluzione alle mie mancanze. E il perdere tempo fa passare in secondo piano le cose davvero importanti. Come quelle piccole cose di cui parlavo sopra. Un tramonto che non tutti hanno la possibilità di vedere, il sorriso di un amico sincero, un thè caldo e una coperta quando fuori fa freddo, gli occhi innamorati del proprio cane. Qualcuno che ci ama davvero, ma che noi non siamo in grado di vedere, perché stiamo decidendo se aprire la porta per la dimensione parallela più vicina. Gli incantesimi si avverano tutti i giorni, proprio sotto i nostri sensi intorpiditi. Vorrei davvero aprire gli occhi se sapessi come. Mi acciambello vicino al mio serpente. Viscido e strisciante è pur sempre una certezza in questo mare d’incertezze. I miei sensi sono tesi al massimo. Buonanotte miei dolci mostri inquieti.

Nessun commento:

Posta un commento