giovedì 17 gennaio 2013

Requiem for a dream

Eri in quella vecchia pellicola. Eri nelle mie pagine. Ancora una volta percorrevamo quello strano sentiero. Era tutto un intrico di rovi, foglie intrecciate tra loro, spine e rami che sbarravano il nostro passo malfermo. L'aria era completamente ferma. Come una coperta pesante, una mano possente che ci mozzava il fiato. Il cielo plumbeo gravava su di noi come un macigno. Il tetto d'aria e di nuvole continuava a scendere sempre di più sulle nostre teste. Ancora imprigionati in quel labirinto di pensieri. Ancora fermi su quelle pagine mai scritte. Conosco il tuo odore e le tue paure. Quanti addii nella nostra vita? Quante volte? Ero nel tuo letto quando i tuoi occhi erano solo per me. In quella stanza che ci ha rubato l'anima. Il tempo trascorso lì, è rimasto sospeso nell'aria. I mobili si nutrivano delle nostre parole e i nostri sospiri fuggivano via, si nascondevano tra le lenzuola, dietro le tende leggere, nelle pieghe dell'aria estiva. Siamo ancora lì? Aprire di nuovo quella porta, significa riaprire una fiala di profumo. Anche se il suo contenuto è svanito, riesco ancora a sentirne l'essenza. Siamo ancora lì, in quella strana notte. In quella notte piovosa e lacerata, in quella notte fumosa e nemica. Al buio, quando respiravo il tuo odore, quando straziavi le mie mani. Quando la pioggia lasciava spazio alla lieve brezza del mattino. Quella brezza che smuoveva le tende diafane e rosse e come un minuetto danzava sui nostri occhi chiusi. Sulla nostra fredda pelle. Quando i tuoi occhi non sapevano dirmi "addio", quando le tue ginocchia cedevano alle mie mani. Quando non conoscevo la distanza. Quando aspettavo la notte che non abbracciava ansie. Quando non avevo paura. Quando le mie mattine non sapevano di fiele. Quando il dolore era solo un suono lontano. E ora ogni cosa è stata sostituita da attimi di sospensione. Tutto è fermo, in assenza di gravità. E io aspetto ancora le tue parole. Quelle parole che non giungono mai. La soglia del mio orecchio sanguina. Le mie mani tremano. Le mie gambe si sono ramificate nella nuda terra. Solo un suono ripetitivo e metallico scandisce il mio tempo. Un metronomo che batte e segna la mia elettronica attesa. Vivo nel mio coma virtuale. Sono l'Orfeo che non farà più ritorno dall'Ade. Ma tu, mia dolce musa, non mi aspetti già più. Il mio coma è un limbo che mi trascina in un corridoio senza fine. Tu, musa, la mia salvezza, non prenderai mai più il mio viso tra le mani. Tu, la mia risposta, non avrai più parole per me. Io sono ferma lì. In quel labirinto fantastico che è la tua mente malsana e lunare. Oh musa, libera le mie mani e la mia mente dal tuo pensiero fatale. Musa malata e pallida, vestale dell'oltretomba, ancella di morte, liberami ora. Liberami dalle tua catene di ghiaccio stellare. Non mostrarmi più i tuoi occhi, ti prego. Abbandona questa dimora. Libera la mia anima da questo tormento. Liberami dall'estasi dei ricordi. Oh perfida musa... Sei ancora lì?

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