lunedì 11 marzo 2013

E una figura deforme rubò il mio cuore

Forse dovrei smetterla di venire qui, vicino al mare. Smetterla di pensare ad eventuali vie di fuga. Dovrei smettere di fare così tante cose... Dovrei smettere di pensarti. Dovrei... ma non ci riesco. Non ci sei, eppure sei sempre costante nei miei pensieri. Dovrei smetterla di inseguirti, ma davvero non so farlo. Sei una presenza muta, silenziosa e flemmatica, ma ci sei e io non posso farne a meno. Dovrei smettere... Dovresti smettere anche tu. Smetterla con la tua gentilezza innata. Dovresti smetterla di essere come sei con me. Dovresti smettere di fissarmi, smetterla con il tuo dialogo muto. Dovresti, ma non lo fai. E non so perchè non lo fai. Avresti infiniti motivi per farlo. Saresti libero di non spiegare più nulla ai miei occhi. Non dovresti più guardarmi. Non dovresti più forzare le tue parole a risalire dallo stomaco alla gola. Non dovresti più sentire che raschiano il palato come piccoli chiodi appuntiti. Non dovresti ogni volta deglutire come se tentassi di affogare quelle parole nella tua saliva, per poi ricacciarle giù, tra lo stomaco e il cuore. E io non sarei più costretta a fissare la tua gola, a quanta fatica ti costa, con quanta violenza lo fai. Ma ogni volta lo fai e io mi ritrovo a fissare ipnotizzata il moto inconsulto che compie la tua gola bianca. Allora alzo lo sguardo e vedo i tuoi occhi fissi nei miei. Ci fissiamo e ci facciamo del male con lo sguardo. E so che la tua trachea sta cercando di ricacciare quelle parole in fondo. Più giù. E vedo la tua tempesta... Non dovresti più fingere di aver lasciato il tuo tormento a casa. Non dovresti fingere di avergli messo il guinzaglio. Non dovrei più ricacciare dietro i miei occhi, le lacrime. Perchè i tuoi stentati sorrisi mi fanno lacrimare. Perchè io so delle tue battaglie interiori, so della forza che ci metti per traumatizzare i tuoi pensieri. So della tua faccia scura, della tua paura, del tuo orrore. Di tutte le macerie che tenti di nascondermi. Di tutte le abitazioni malferme che hai costruito sopra. So con quanto dolore ti fai guardare dentro. So di aver visto cose che non avrei dovuto, perchè da quel giorno tormentano anche me. E non devi sapere del mio tormento. E devo fingere di essere una persona che "Non nota". E ora, mi risulta difficile non guardare la tua gola o i tuoi occhi. Mi sforzo di non comunicare nulla con gli occhi, ma non sempre posso controllarli. Quelle orbite assassine e traditrici. Quelle orbite che vedono ogni cosa. Anche le cose perdute. Dovresti proprio smetterla di essere lì, alle mie spalle, a fissarmi quando infuria la tempesta. Non dovresti prendere le mie mani. Non dovresti avvicinarle al tuo viso. Non dovresti più incidere la tua guancia sul mio palmo. Perchè brucia. Il tuo viso arde e freme e la mia mano non sa darti sollievo. E vedo un'altra battaglia. Vedo altre morti e sangue e dolore mal celato. Vedo lacrime, ne sento i gemiti silenziosi. Vedo la rabbia dietro le palpebre, nel tuo pianto convulso e invisibile. Dovresti smetterla di assistere alla mia agonia. Non rendertene partecipe, ti prego, non tentare di capire, non guardarmi con quegli occhi che sanno troppo. Io non sono alla tua altezza, io non sono come te e dovrei smettere di fingere di esserlo. Tu non dovresti guardare "oltre" e io dovrei riuscire a dirti "vattene". Invece i nostri occhi non sanno mentire. Continuiamo a farci del male, eppure non sappiamo resistere dal non farlo. Ci infliggiamo dolore. Ogni volta, combattiamo sapendo di perdere. Dovremmo proprio smetterla di raccogliere cadaveri e lance spezzate e armi insanguinate. Dovremmo zittire quella parte, che puntuale come un orologio nefasto, ci sussurra di non armarci e di combattere ugualmente. Smettila. Tenta almeno una volta. Prova a chiudere i tuoi occhi, prova a non mostrarmi... Dovrei smettere di sognare tutte le notti la tua gola bianca, le tue guance e le tue mani sottili. Dovrei non pensare alla punta del tuo naso. Quella punta che come un uncino, arpiona la pelle del mio viso. E non pensare più alle tue ciglia nere e lunghe come le penne di un corvo. A quelle ciglia che formano delle ombre lievi sul tuo viso. Quelle ciglia che sento sotto le mie dita. E so che da sotto a quelle piccole tende, tu mi osservi, immobile e silente come una statua di granito. Forse potrei anche smettere di pensare al tuo cuore che pulsa. Lo credevo morto, pensavo fosse ora una carcassa nera in decomposizione. Dovresti smettere di occupare i miei pensieri, la notte. Non dovresti entrare nel mio coma, come un traditore, perchè in quei momenti io non posso combattere, perchè ho deposto le armi, perchè sono abbandonata e vulnerabile, come un fiore sul ciglio della strada. Sono lì, sulla linea bianca che divide il cemento dall'erba che cresce selvaggia. E non posso far altro che soccombere. E soccombo al tuo pensiero, ogni volta. Ogni volta, una nuova sepoltura. Ogni volta una piccola morte al mio risveglio. Indolente e svuotata resto ad osservare la nostra camera ardente. E non posso piangere alcun cadavere, ma solo un'assenza che mi colpisce in pieno viso. Una non presenza che mi prende lo stomaco come un pugno d'acciaio. Allora ripenso a quegli occhi che non ho saputo asciugare, a quel dolore che non ho saputo capire. Ripenso alle parole non dette, a quel silenzio che ci attraversava il petto e le spalle. Chiudo gli occhi, tentando di scacciare quell'immagine, ma non và via... Solo il mare riesce a placare il ricordo, per un attimo. Allora corro sulla spiaggia e lascio che il vento porti via le mie notti insonni. Ma appari tu. E non dovresti! Non dovresti guardarmi. Non dovresti più... Non dovrei più...

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