martedì 8 maggio 2012

Desert of death


Camminavo nel deserto. Sabbia. Sabbia. Montagne di sabbia. Dune sensuali e immobili.
Il sole era alto nel cielo e formava con l'orizzonte rabeschi rossi e dorati.
Il giallo si confondeva con l'oro del deserto. Sembrava l'inferno. Un inferno fatto tutto di colori caldi. Un inferno piacevole e attraente. Camminavo e i raggi li potevo quasi toccare.
I miei piedi nudi affondavano nei granelli incandescenti. Neanche una palma in lontananza.
I miei occhi socchiusi distinguevano un panorama tremolante, a tratti liquido.
Tutto si confondeva nella mia testa.
Il caldo e la sabbia. Il sole e le nuvole.
Seguimi!
Una voce dolce e morbida sussurrava al mio orecchio.
Non la conoscevo, ma sapevo venire direttamente dagl'inferi.
Un demone?
La morte che mi raggiungeva?
Non avrei potuto evitarla. Correva più veloce di me. Io potevo solo camminare.
Ascoltami!
Ancora la voce che mi guidava verso il baratro.
Era la fine, ma il deserto era così affascinante.
Le nuvole erano diventate di zucchero e il rosso del cielo si era fatto più scuro.
Come sangue rappreso tingeva Urano.
I raggi di un sole morente filtravano attraverso le nuvole e toccavano Gea con violenza.
Ogni tanto una lieve brezza smuoveva qualche piccola duna dinnanzi a me.
I miei piedi spostavano cumuli di sabbia inerme. Camminai per lungo tempo.
Fra le dune e i miraggi, fra le palme e le oasi ingannevoli.
Di colpo mi fermai. Una figura nera, incappucciata mi fissava.
Nella sua immobilità sembrava si muovesse come una danzatrice araba.
No, non era più mascherata. Era una donna splendida.
Un turbante le nascondeva i capelli. Aveva le mani dipinte di simboli neri.
Muoveva i fianchi e le mani e come Salomè faceva la danza dei sette veli.
Era sensuale e cedevole come le dune. Dissetante come l'acqua, mi guardava e m'invitava a raggiungerla.
Adesso non si muoveva più. Era immobile come una statua di sale.
Eretta, altera, fiera come una torre. Era il meridiano che ci divide dal regno di Ade.
La fissai diffidente, ma alla fine il mio genio capitolò e camminai verso di lei.
Il suo volto non era più bellissimo, ma nascosto dalla sua cappa nera.
Aveva mani finissime. Bianche, quasi trasparenti. Morbide come piume.
Il suo era l'aspetto nobile di Proserpina rapita o di Ecate?
Mi guidò tra le ombre della sera. Le stelle ricoprivano la trapunta del cielo.
La luna di damasco finissimo resisteva sospesa su ogni cosa.
Non sentii più freddo ne disperazione. Il mio cuore era sgombro.
Camminammo per tutta la notte fino alle sponde dello Stige.
Anime vuote danzavano davanti, nel deserto dimenticato da tutti.
La figura andò via. E non potei più proseguire.
Non riuscii a fare il mio voto inviolabile.
Non potei lasciare lì il mio cuore.
E rimasi nel deserto.
Sola!

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